C’è un sacco di gente che conosco che si riempie la bocca della parola “crisi”. Ho sempre sospettato che si trattasse di una grandissima paraculata, un alibi per poter dare l’assalto al record mondiale della lagna, arte nella quale il popolo italiano eccelle da sempre. Ammetto che probabilmente vivere a Milano dà una visione un po’ edulcorata della situazione e forse guardare le cose da turista durante le vacanze, quello che ho fatto io, è altrettanto superficiale.
Però: la Sicilia (non esattamente la regione più ricca d’Italia) che ho visitato nel 2013, piuttosto in lungo e in largo, era la stessa del 2003. La Grecia di oggi è invece un ammasso di rovine, in confronto a quella pre-2008.
Quest’anno sono andato a fare eliotalassoterapia (leggi: spiaggiarsi su un lettino come un capodoglio in agonia) a Kos, isola del Dodecaneso di medie dimensioni, con bel mare ma centri urbani agghiaccianti, costruita secondo criteri a dir poco stocastici e soprattutto centrata in pieno da un uragano di miseria (oltre che dai flussi migratori, a piovere sul bagnato).
Qui sotto metto un po’ di foto di Kardamena, forse il posto meno brutto dell’isola, dove interi isolati sono stati abbandonati. Quello che colpisce di più è che alcuni ristoranti e certi bar sembra siano stati mollati lì all’improvviso, con i tavoli ancora apparecchiati, come in una puntata di The Walking Dead. L’atmosfera, specie col buio, è davvero decadente.
Tutto questo sfacelo è concentrato in un paesello da meno di duemila abitanti, che quintuplicano col turismo, certo, ma non stiamo parlando di Rimini. E il resto dell’isola, oserei dire della Grecia, non è molto diverso.
Non mi pare che ci sia nulla di lontanamente paragonabile, in Italia, ma se ne avete notizia, non esitate a smentirmi.